lunedì 7 maggio 2012

In ritirata dalla linea del Tagliavento

Lungo la linea del fiume Tagliavento, la finta Maginot Genoa finge di reggere per una mezzoretta sotto il mortaio nemico.
Non ne avrebbe avuta l’intenzione e forse avrebbe anche evitato morti e feriti.
Le trincee poste dal Generale De Canio sono in realtà variabili a seconda dell’irruenza dell'avversario.
Possono addirittura scomparire all’istante e ZAC campo aperto, quasi a sorprendere l’avversario ai trenta metri.
“Ma davvero è così semplice arrivare al limite?” si chiedono gli austroungarici condotti dal borbone Di Natale.
Le retrovie non esistono, ma non è mica colpa loro.
Ditelo a chi li ha mandati in Friuli, come nel resto d’Italia, allo sbaraglio. Chiedetelo al sergente Svedesoni e al brasiliano triste.
Ma soprattutto, cercate di capire perché il rancio se lo finiscono tutto sempre e solo il Carrarmato slovacco e il francesone molliccio.
Questa è la chiave della battaglia persa, la penultima da perdere tra quelle a disposizione.
Lo slovacco retrocede senza avvisare e si becca la diserzione, il molliccio s’insacca da solo come un San Daniele profumato e poco bellico. Il combattimento, se tale lo vogliamo chiamare, si conclude qui, prima ancora che sul Tagliavento si consumi un atto di vigliaccheria con pochi ma gustosi precedenti che ci ricordano il caporale Criscito e il reprobo soldato Campagnaro.
Tenente e caporal maggiore si mandano a quel paese (ferma è la disputa tra Gemona e Cormons, per aggiudicarsi la paternità) e il fiume (Tagliavento) siccome immobile dato l’immortal fischietto, capisce mona per toma e lascia la brigata in nove. Il Piave mormorava, la Brigata Grifone urla, ma “chi me sente” come cantava uno che alla guerra non ci andava neanche sulla millecento.
Il resto è poca cronaca consegnata a bollettini di squalifiche e pensieri all’ultima offensiva che speriamo sia roba da ritirate amichevoli.
Chissà se il fiume Tagliavento non abbia evitato alla banda una ritirata che già dall’inizio degli scontri appariva inevitabile.
Quel che è certo è che le porte chiuse di Brescia non potranno dare l’addio a uno dei più grandi giocatori che abbiano indossato la nostra casacca negli ultimi decenni. Tenente El Trenza, grazie di cuore e peccato per le ultime pallottole negate.
Per il resto, il Friuli ringrazia e adesso tutto o quasi rimane in mano dell’anarchica ma patriottica (e non sembri un controsenso) Colonna Miccoli.
Dopodiché ogni battaglia sembrerà superflua, davanti alla consueta noia dell’armistizio estivo, con le sue trattative di resa e di rimpolpo, i rimpasti e il leccarsi ferite che ogni anno sembrano miracolosamente rimarginarsi, ma che ormai sono canyon in cui ci aggiriamo come coyotes.

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